Cocaina e Psicoterapia.

La cocaina: effetti, abuso e trattamento.

Link veloce: cocaina e psicoterapia.

L’assunzione della cocaina, in tutte le sue forme, è oggetto di stigma sociale. Viene erroneamente ritenuta un vizio, una debolezza della volontà, un eccesso o percorso orientato alla sregolatezza.

La cocaina è una sostanza psicoattiva che provoca nell’utilizzatore effetti nella dimensione psichica e fisica. Le modalità di assunzioni sono diverse, tuttavia esse non determinano inevitabilmente la condizione di dipendenza. Per comprendere l’affermazione bisogna conoscere il meccanismo di azione a livello neuronale e come questo agisce sui vissuti della persona che ne fa uso, oltre al significato soggettivo attribuito agli effetti indotti. L’abuso provoca effetti nocivi sulla salute e, insieme alla stigmatizzazione, incrementa le difficoltà della persona dipendente nelle aree sociali, amicali, lavorative.

Nel quadro degli effetti psichici, induce nell’organismo ospite variazioni emotive e comportamentali ormai conosciute e studiate da diversi anni.

Esse si collocano in un range che dall’euforia conduce fino alla psicosi sulla base della gravità.
Diversamente da essi, gli effetti fisici riconducibili all’utilizzo riguardano per esempio la sensazione di infaticabilità.

A livello prettamente farmacologico si assiste a cambiamenti di concentrazione di biomolecole tra i neuroni presenti nel sistema nervoso centrale. Senza entrare nei dettagli biochimici, la cocaina blocca il recupero della dopamina nel terminale presinaptico; impedisce così il riassorbimento del neurotrasmettitore all’interno del neurone. Nella pratica clinica i contributi neurofisiologici come quello esposto sono importanti, aiutano a comprendere i modelli psicopatologici dei disturbi al fine di implementare la strategia terapeutica più opportuna.

Quali sono le motivazioni che rendono appetibile la cocaina?

Dopo aver compreso il meccanismo di azione della dopamina, ora proviamo a osservare gli effetti sull’esperienza.
La dopamina è oggigiorno considerato un neurotrasmettitore che permette di valorizzare la novità del contesto in modalità adattiva, integrarla in altri schemi cognitivi per attivare uno stato di attenzione focalizzata, di ricerca, di esplorazione di nuovi elementi. Inoltre, permette di affrontare eventi ambientali problematici con migliori strategie di fronteggiamento.
Si diventa più abili nella ricerca ed esplorazione; non solo, si affrontano più facilmente le situazioni problematiche.

Gli effetti ricercati…

come risultato ultimo il soggetto utilizzatore sviluppa uno stato mentale connotato da euforia, energia positiva e ricerca nell’ambiente; stato mentale quindi non riconducibile al solo elemento di piacere.
Dal punto di vista della trattazione teorica, un’analisi più approfondita sui vissuti mostra situazioni in cui il decorso è dissimile a seguito dell’assunzione di cocaina.

Quando l’uso della sostanza è occasionale, gli effetti ricercati dal soggetto destano grande entusiasmo ed eccitazione.Mentre di fronte a scarsa autostima, sensazioni di inadeguatezza e fragilità, vere o presunte, il soggetto ricerca nell’uso di cocaina il Sé desiderato. Quest’ultimo pone nelle condizioni di raggiungere gli obiettivi prefissati, oltre a percepirsi persone di valore, adeguate e forti. Cadono le barriere che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi, ciò che spaventava o limitava ora non è più limitante. Allora l’assunzione della sostanza genere una nuova credenza su di sé; si diventa una persona capace, adeguata, sicure, di valore, ecc. Si vive così l’esperienza di superare i propri limiti.

Risvolti negativi: resto io o divento io desiderato?

Nei soggetti che attribuiscono alto valore agli effetti psicotropi della cocaina, mantenere il Sé desiderato, vivere oltre i limiti con assunzioni periodiche pone le basi per l’insorgenza del comportamento abusante.
L’aumento della reattività mentale e fisica, l’euforia, l’infaticabilità e maggior capacità di socializzare sono alcuni degli aspetti che facilitano l’insorgere della nuova credenza su di sé e la conseguente dipendenza da abuso.

Quali sono gli effetti patologici? Come ci si sente quando si abusa di cocaina?

Quelli fisici riconducibili all’utilizzo non occasionale riguardano vari apparati e organi: vasocostrizione, spasmi, infarti, ipertensione, edema polmonare ed altre complicazioni, inclusa la diminuzione della performance sessuale.

Uno sguardo ad ampio spettro degli effetti patologici mostra ad esempio anche l’irritabilità, il pensiero paranoide, interpretazioni falsate della realtà, gelosie infondate, infiammazioni della mucosa se inalata e dipendenza psichica e fisica, a cui seguono crisi d’astinenza con i sintomi tipici (irritabilità, sindromi depressive, stati d’ansia, insonnia e paranoia).

Ma cosa succede se smetto (nella situazione di assenza della sostanza)?

La depressione, la sonnolenza, l’inquietudine, tremori vari e dolore ai muscoli seguono spesso l’astinenza dalla cocaina.
È importante intervenire nella fase precoce dei sintomi da astinenza (ad esempio con un percorso psicoterapeutico). L’identificazione precoce e la regolazione delle emozioni, insieme, incrementano la probabilità di successo terapeutico.
Infatti, la disregolazione emotiva contrasta la capacità di mantenere lo stato di astinenza nei soggetti che decidono di uscire dalla condizione di dipendenza da cocaina.

Nell’ottica psicologica, interruzione dell’assunzione della sostanza pone la persona a vivere la consapevolezza dolorosa di avere dei limiti. Gli stati mentali appaganti in precedenza ora verranno a mancare. La carenza della sostanza rende possibile lo sviluppo del bisogno dello stato alternativo. La patologia si trova di fronte ai soggetti deboli che attribuiscono valore al Sé desiderato, oltre alla necessità di superare la condizione di bassa autostima percepita e il dolore che ne deriva.

Trattamento: il ruolo della psicoterapia.

Il trattamento farmacologico non è efficace o attuabile. La psicoterapia è un percorso efficace? Lo psicoterapeuta aiuta le persone a superare la dipendenza? Può farlo! Ma soprattutto permette alla persona di scoprire e gestire i propri limiti e ci si accetta. Nuove e adattive competenze per fronteggiare le problematiche contestuali vengono apprese. La psicoterapia può essere di aiuto a coloro i quali fanno uso e abuso di cocaina; probabilmente non sempre potrà esserlo, maggior probabilità di successo dopo che si interrompe l’assunzione della sostanza.

In alcuni casi chi ne fa uso non lo dice al professionista, giunge per altre problematiche; solo durante la terapia stessa può emergerne l’utilizzo occasionale o prolungato. È difficile parlarne col terapeuta, così come è complicato porsi nella posizione di interromperne l’uso.

Dalla letteratura scientifica emerge che il trattamento psicosociale attualmente rappresenta la modalità di accesso alla cura in quanto non sono presenti terapie farmacologiche approvate. Si tratta, in genere, di sedute individuali o di gruppo, con o senza il coinvolgimento dei parenti presso strutture dedicate o professionisti abilitati alla professione di cura.
La persona che decide di rivolgersi ai professionisti per uscire dalla condizione di dipendenza e dolore potrà rivolgersi a:

  • Serd / Asl di competenza
  • Ospedale
  • Medico di Base
  • Psicoterapeuta

Alla visita seguiranno eventualmente altre indicazioni adatte alla persona in base alla gravità della condizione fisica/psichica.
La scelta del percorso psicoterapeutico potrebbe essere preferita nei casi di difficoltà di accesso alle strutture pubbliche o quando di preferisce un approccio individuale in regime privato (maggiore discrezione, volontà di evitare l’esposizione allo stigma sociale).

La gravità della dipendenza e difficoltà del trattamento pongono come necessario l’accesso alle strutture pubbliche (Serd) per la presa in carico, o come lavoro congiunto al professionista privato.

Prospettive.

Come emerge dalle ultime ricerche sui processi decisionali, nel processo di guarigione dalle dipendenze il concetto di autoefficacia assume un ruolo importante. “Nel percorso di recupero è fondamentale l’autoefficacia e questa esiste se chi vive una dipendenza continua a credere di avere una possibilità di controllo, se i sistemi di cura e la società riproducono questa credenza e rendono la sua attuazione possibile, desiderabile, chiaramente vantaggiosa.” (Canali S., 2019 – psicoattivo.it)

La dipendenza sotto quest’ottica potrebbe essere definita come patologia della scelta/volontà e sempre meno come patologia dell’autocontrollo. La persona dipendente possiede sempre un margine di libertà e di responsabilità, non è un automa controllato dalla sostanza.
Sull’onda di tali concetti, la terapia narrativa potrebbe essere una alleata nella cura delle dipendenze da sostanza.

Quali sono le ragioni che mi spingono all’uso della sostanza?
Come agisce l’autocontrollo nel mantenere la difficoltà a rendersi indipendenti?
Quali pensieri e/o emozioni sono difficili da sostenere?
Come faccio a gestire l’astinenza e il craving?

Queste e altre domande la persona si porrà insieme allo psicoterapeuta nell’ambiente protetto, non giudicante e fiducioso del setting terapeutico.

In sintesi, con la psicoterapia si aiuta la persona a comprendere il significato dell’assunzione di cocaina, quali sono le emozioni e i pensieri intervenienti, come evitare le ricadute e i contesti facilitanti le stesse.
L’obiettivo condiviso del percorso di cura mira a cogliere la consapevolezza dei propri limiti e come affrontarli nella modalità più adattiva senza l’uso della sostanza psicoattiva.

Bibliografia

Contreras-Rodríguez, O., Albein-Urios, N., Martinez-Gonzalez, J. M., Menchón, J. M., Soriano-Mas, C., & Verdejo-García, A. (2020). The neural interface between negative emotion regulation and motivation for change in cocaine dependent individuals under treatment. Drug and Alcohol Dependence, 107854.

Kampman, K. M. (2019). The treatment of cocaine use disorder. Science advances, 5(10), eaax1532.

Myers, B. (2019). Psychotherapy for substance use disorders. In Global Mental Health and Psychotherapy (pp. 241-256). Academic Press.

Sitografia

Cocaina – https://www.stateofmind.it/tag/cocaina/

Assunzione di cocaina: psicopatologia e trattamento –  https://www.stateofmind.it/2016/05/assunzione-di-cocaina-psicopatologia-trattamento/

Cocaina: identificato un gene cruciale nello sviluppo della dipendenza – http://www.psicoattivo.com/cocaina-identificato-un-gene-cruciale-nello-sviluppo-della-dipendenza/

La dipendenza è una scelta? – http://www.psicoattivo.com/la-dipendenza-e-una-scelta-autocontrollo-e-uso-di-droghe/

La molteplicità dell’Io, l’identità narrativa e le terapie narrative – http://www.psicoattivo.com/la-molteplicita-dellio-lidentita-narrativa-e-le-terapie-narrative/


Si ricorda che lo scopo di questo articolo rimane puramente descrittivo e divulgativo, e rammento di rivolgersi sempre ad un professionista clinico per qualsiasi informazione o necessità (vedi Disclaimer).

Dipendenza affettiva, rifiuto e trauma.

Trauma e dipendenza affettiva.

Trauma e dipendenza

  • In letteratura è ormai accertato che la dipendenza affettiva (love addiction) e il rifiuto nella relazione sentimentale presentino caratteristiche sintomatologiche e neurofisiologiche tipiche delle addiction (a tal proposito si veda https://www.stateofmind.it/2018/09/dipendenza-affettiva-stalking-sitcc/ ).
  • Le dipendenze da uso e abuso di sostanza e comportamentali sono una patologia della volontà.
  • La dissociazione strutturale primaria (Van der Hart) rappresenta il limite all’esercizio dell’azione intenzionale. Può insorgere nell’età dello sviluppo o essere contestuale alla fine della relazione sentimentale.
  • La narrazione è uno strumento terapeutico finalizzato e riconosciuto per raggiungere lo stato di integrazione dei vissuti traumatici.

Questi sono gli assunti necessari per esporre l’importanza del collegamento tra trauma relazionale e cura sia della dipendenza affettiva e sia del rifiuto all’interno della relazione sentimentale.

La recensione del manuale sulla Dissociazione Strutturale di Van der Hart si può leggere al seguente link – https://www.stateofmind.it/2016/04/trauma-trattamento-della-dissociazione/

Secondo la teorizzazione del Prof. Canali (http://www.psicoattivo.com/), le dipendenze da uso e abuso di sostanza e comportamentali si possono inserire all’interno dell’ipotesi di patologia della volontà.

«Le azioni di un soggetto dipendente, sono intenzionali, ma non realmente libere, […] la percezione delle alternative e la possibilità di manipolarne i pesi motivazionali sono soggette a limiti più o meno consistenti.» (Canali S., 2017).

Suppongo che un limite sia rappresentato dalle conseguenze della dissociazione strutturale primaria a seguito di un evento traumatico per il soggetto.

Tale dissociazione limita e/o restringe il campo di coscienza, induce comportamenti impulsivi, forti emozioni e intense sensazioni fisiche che ostacolano i processi adattivi dell’individuo.

Come ci si sente?

Come immersi nella nebbia, non si sa dove andare e tutto diventa caos. È difficile pensare alla via di uscita; angoscia e impotenza rendono tutto impossibile…

Quando si parla di trauma si fa riferimento ad un evento che nel passato èNebbia stato fonte di intensa sofferenza (oppure una serie di esperienze negative protratte nel tempo). Ma anche il rifiuto nella relazione sentimentale potrebbe essere un evento traumatico: accade ora, nel presente vicino.

Potrebbe, in quanto non tutte le persone che hanno visto finire una relazione hanno vissuto tale evento come estremamente sofferente, ossia non superato nel tempo attraverso l’elaborazione del lutto.

La sofferenza rimane. La sofferenza che rimane potrà essere la risposta all’evento traumatico, trauma appunto del presente, contestuale alla fine della relazione, non del passato.

Se una persona ritiene di ritrovarsi nei contenuti di queste righe appena lette, il suggerimento è di rivolgersi per una consulenza presso un professionista (psicoterapeuta), lo scopo sarà di comprendere cosa succede e alleviare il dolore e/o senso di angoscia.

Il tempo passa, il tempo è passato…

ecco che i ricordi sono rivissuti, non narrati in forma esplicita; l’eterno ripetersi del vissuto traumatico con lo scopo di risolverlo, scopo che fallisce ad ogni tentativo.

Integrare significa vivere l’esperienza nella personale storia narrata, raccontarla con la consapevolezza di qualcosa del passato e non più presente nel qui ed ora.

In tal modo, l’individuo potrà mettere in atto le strategie d’azione integrate al raggiungimento dello scopo di aumentare i gradi di libertà verso l’acquisizione di maggior senso di autodeterminazione.

Nello specifico, per uscire dalla dipendenza affettiva e/o dalla sofferenza del rifiuto occorre risolvere il trauma (se presente) per evitare che ostacoli il processo di cambiamento. Tale processo conduce ad un maggior senso di autocontrollo, permettendo di non mettere in atto gli schemi d’azione disadattivi e specifici di una esperienza dolorosa ormai passata.

Bibliografia sulla dipendenza affettiva.

Link per la bibliografia: libri, manuali e articoli.


 

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Recensione del libro: “E.M.D.R. e Disturbi Sessuali (2019)”

E.M.D.R. e Disturbi Sessuali.

EMDR e Disturbi Sessuali, scritto da Elena Isola e Bruna Maccarone, conduce il lettore nella approfondita conoscenza di due costrutti: la sessualità come elemento fondamentale dell’esperienza soggettiva e l’E.M.D.R. (Eye Movement Desensitizazion and Reprocessing), quale metodo per la cura di alcune patologie oggigiorno ampiamente diffuse.

 

Link per leggere l’articolo www.stateofmind.it/2019/10/emdr-sessualita

 

E.M.D.R.

L’E.M.D.R.  è l’acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari).
Approccio psicoterapeutico sviluppato da Francine Shapiro, viene utilizzato per il trattamento dei sintomi legati a eventi traumatici.

Aspetti della sessuologia.

Sessuologia

 


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Microbiota, infiammazione e disturbi mentali.

Flora intestinale e sistema nervoso.

Con il termine “microbiota” si rappresenta la collezione dei microorganismi simbiotici presenti nel corpo umano. Tra questi, i probiotici sono organismi che somministrati in quantità adeguate apportano all’ospite un beneficio in termini di salute.

Prima della nascita i feti non posseggono la flora intestinale, termine usato per indicare la componente del microbiota presente solo nel tratto enterico; durante il parto naturale veniamo colonizzati da un gran numero di batteri. Nello specifico si tratta di circa 1000 specie batteriche, che nell’adulto costituisce una massa fecale di circa 1,5 kg.

La colonizzazione precoce permette la maturazione del sistema nervoso, del sistema immunitario e la regolazione dello sviluppo della fisiologia intestinale.Sono molti i fattori che modificano il microbiota; elementi quali la dieta, l’attività fisica e altri fattori epigenetici possono influenzare la composizione batterica intestinale. La corretta permeabilità intestinale e l’efficienza del sistema immunitario dipendono dall’integrità dell’assetto microbico enterico.

Se la composizione e l’equilibrio del microbiota vengono modificati, si attiva un processo infiammatorio intestinale e gli spazi presenti tra le cellule epiteliali intestinali possono dilatarsi, modificando la permeabilità intestinale e permettendo l’ingresso nel circolo sanguigno di batteri, virus, funghi, tossine e proteine parzialmente digerite: questi complessi proteici, non riconosciuti dal nostro sistema di difesa immunitario, attivano la risposta anticorpale che, se persistente, può condurre a sviluppare allergie, intolleranze, varie patologie autoimmuni ( diabete, artrite reumatoide, sclerosi multipla), o degenerative (tumori, Alzhimer…).

Si è visto che la colonizzazione microbica intestinale ha un impatto significativo sulla neurofisiologia, sul comportamento e sul funzionamento del sistema nervoso. Diversi percorsi immunitari all’interno e all’esterno del SNC sono coinvolti in importanti meccanismi come la mediazione microbica delle funzioni e del comportamento del cervello. Inoltre la modulazione neuroimmune da parte del microbiota contribuisce tramite eziopatogenesi o insorgenza di segni e sintomi importanti dei disturbi neurodegenerativi e comportamentali, come i disturbi dello spettro autistico, disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, Alzheimer e Parkinson.

Studi recenti hanno dimostrato una stretta correlazione tra alterato equilibrio del microbiota materno durante la gravidanza e disturbi neuro-psichiatrici nel bambino.
Il prebiotico rappresenta l’ingrediente alimentare non digeribile che stimola in modo selettivo la crescita, l’attività o entrambi, di uno o un numero limitato di batteri già residenti nel tratto intestinale. Quando i prebiotici influenzano positivamente la salute mentale, vengono definiti “psicobiotici”.
La composizione del microbiota è alterata negli adulti anche dalle forme croniche di stress, sedentarietà, inquinanti ambientali, brusche e frequenti variazioni della glicemia, resistenza insulinica, fumo di sigaretta, eccesso di sale, alimentazione ricca di zuccheri e grassi saturi… L’elevata comorbidità esistente tra lo stress e alcuni sintomi di malattie psichiatriche come ansia elevata, disturbi gastrointestinali (incluso nella sindrome dell’intestino irritabile) metta in luce il peso dell’asse cervello-intestino nello sviluppo di alcuni tipi di patologie.

Neuroinfiammazione cronica e disturbi mentali

Lo studio dell’infiammazione cerebrale (neuroinfiammazione) ha portato risultati interessanti nella comprensione della schizofrenia, il disturbo bipolare e la depressione.

A sostegno del collegamento tra neuroinfiammazione e disturbi mentali, tra i meccanismi molecolari coinvolti nell’insorgenza del disturbo depressivo, evidenze cliniche e precliniche ipotizzano il coinvolgimento dell’alterazione della risposta infiammatoria a seguito di esperienze stressanti (Rossetti, 2017).

Le ricerche sul disturbo depressivo in pazienti non trattati farmacologicamente hanno mostrato un alterato equilibrio tra le molecole pro-infiammatorie e anti-infiammatorie, la cui conseguenza diretta viene rintracciata nell’aumento della insorgenza del disturbo stesso. Inoltre, l’alterazione di tale equilibrio comporta modifiche strutturali dell’encefalo nel rapporto tra la sostanza bianca e la sostanza grigia.
Ulteriori analisi hanno evidenziato la debolezza dei risultati esposti, tutto ciò ha condotto alcuni autori a dubitare dell’evidenza della correlazione tra disturbo infiammatorio cronico e disturbi mentali, ipotizzando che i secondi (soprattutto ansia e depressione) siano invece la conseguenza dello stress psicologico prodotto dall’infiammazione cronica.
Dregon et al. (2019) nella ricerca che ha coinvolto più di 500.000 soggetti, hanno confermato l’aumento del rischio di soffrire di ansia e depressione nei pazienti a cui è stata diagnosticata l’infiammazione cronica.

Il sistema linfatico e le malattie neuroinfiammatorie

La scoperta del sistema linfatico nel sistema nervoso centrale potrebbe condurre a formulare nuove ipotesi   sull’eziologia delle malattie neuroinfiammatorie e neurodegenerative.
Nel 2015, Louveau et al. hanno pubblicato sulla rivista Nature un articolo relativo alla presenza del sistema linfatico nell’encefalo; emerge che i vasi linfatici affiancano i seni venosi della dura madre e si connettono con linfonodi cervicali profondi.
I vasi linfatici sono un sistema vascolare distinto dal sistema cardiovascolare presente nel corpo; il sistema linfatico è un complesso sistema di vasi e nodi (linfonodi) necessari per la raccolta del liquido interstiziale, ricco di scorie metaboliche e del ricambio cellulare, che poi verranno eliminate dai filtri epatici, attraverso la bile, e renali, attraverso le urine.

L’individuazione della rete linfatica nel cranio è stata difficoltosa, ciò nonostante è stato individuato e descritto; i risultati delle ricerche mostrano un sistema che

possiede molte caratteristiche dei vasi linfatici periferici, ma è caratterizzato da un’organizzazione generale e distribuzione con evidenze uniche. La presenza del sistema linfatico funzionale e classico nell’encefalo pone quesiti sull’autonomia immunitaria del cervello.
Si evince che una conseguenza del malfunzionamento dei vasi linfatici meningei possa essere la causa scatenante di una varietà di disturbi neurologici dove l’alterazione del sistema immunitario rappresenta un fattore fondamentale; la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer e alcune forme di linfedema primario associate a disturbi neurologici.

È anche possibile che le demenze possano essere dovute a ridotto drenaggio linfatico cerebrale?

Conclusioni

Il Dott. Vincenzo Simonetti (www.ozonovitaesalute.com/our-team/ossigeno-ozono-terapia-torino), esperto di Ozonoterapia, illustra come attraverso l’utilizzo di ozono e di un corretto stile di vita si possano attenuare gli effetti dell’infiammazione cronica, portando benefici anche alle patologie mentali discusse. Associata alla psicoterapia, l’ozonoterapia potrebbe contribuire alla cura di parte dei soggetti affetti da disturbi mentali quali l’ansia, attacchi di panico e depressione.

In conclusione, emerge la possibilità di migliorare alcune funzioni psichiche o ridurre disturbi come ansia e depressione ottimizzando l’attenzione sui batteri chiamati psicobiotici.

Utilizzati in associazione alla psicoterapia (e terapia farmacologica quando previsto) potrebbero rappresentare un valido aiuto nel trattamento di soggetti specifici.

 

Bibliografia

Bermúdez-Humarán, L. G., Salinas, E., Ortiz, G. G., Ramirez-Jirano, L. J., Morales, J. A., & Bitzer-Quintero, O. K. (2019). From Probiotics to Psychobiotics: Live Beneficial Bacteria Which Act on the Brain-Gut Axis. Nutrients, 11(4), 890.

Louveau, A., Smirnov, I., Keyes, T. J., Eccles, J. D., Rouhani, S. J., Peske, J. D., … & Harris, T. H. (2015). Structural and functional features of central nervous system lymphatic vessels. Nature, 523(7560), 337.

Rossetti, A. C. (2017). Inflammation and vulnerability for major depression: in search of common molecular pathways.

Simonetti V. et al. (2018. Ozonoterapia e nutrizione nell’infiammazione e degenerazione. Ed. Minerva Medica

Valles-Colomer, M., Falony, G., Darzi, Y., Tigchelaar, E. F., Wang, J., Tito, R. Y. & Claes, S. (2019). The neuroactive potential of the human gut microbiota in quality of life and depression. Nature microbiology, 1.

Sitografia

www.stateofmind.it/2017/08/neuroinfiammazione-disturbi-psichiatrici/ – La neuroinfiammazione: ruolo e funzione nei disturbi psichiatrici

www.stateofmind.it/2019/04/disturbi-infiammatori-ansia-depressione/ – I giovani adulti con disturbi infiammatori potrebbero essere più sensibili ai disturbi d’ansia e depressivi


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Neuroetica e addiction – Report dell’evento.

Neuroetica delle Dipendenze – Report dal convegno di Trieste

Dal 3 al 5 dicembre 2018 si è svolto presso la SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) a Trieste la quarta edizione della Scuola Neuroetica delle Dipendenze curata dal Prof. Stefano Canali (Laboratorio Interdisciplinare per le Scienze Naturali e Umanistiche).

Per leggere l’articolo –> www.stateofmind.it

 

Dipendenza affettiva, il rifiuto e lo stalking.

Dalla dipendenza affettiva allo stalking.

Dal 20 al 23 settembre 2018 si è tenuto a Verona il XIX Congresso Nazionale della SITCC, Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva.

Ho avuto la possibilità di partecipare al simposio sulle “Dipendenze affettive tra teoria e pratica” con un contributo dal titolo: “Dalla dipendenza affettiva allo stalking”.

Il razionale dell’argomentazione trattata è di sviluppare l’attenzione alla modalità attraverso cui il fenomeno della dipendenza affettiva coniuga con la pericolosità dello stalking.


Per leggere l’articolo su State of Minf: http://www.stateofmind.it/2018/09/dipendenza-affettiva-stalking-sitcc/

 

Autoinganno: la menzogna verso se stessi a difesa dell’autostima.

Le bugie da autoinganno sono illustrate come protezione del sé, una sorta di “anestetico psicologico” a protezione dell’autostima, con lo scopo di non avere consapevolezza di aspetti o situazioni della propria storia di vita che potrebbero produrre disagio o risultare insopportabili.

 

Per leggere l’articolo State of Mind  vai…

Quando lo stalking viene perpetrato da una donna.

Quando si parla di stalking lo stereotipo prevalente suggerisce che la violenza sia stata perpetrata da un uomo. Circa l’80% dei casi conosciuti riportano un soggetto maschile come carnefice, ma dalle ricerche emerge che anche le donne possono mettere in atto una campagna di stalking verso una persona dello stesso sesso o del sesso opposto.

 

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