Al giorno d’oggi siamo (dovremmo essere) consapevoli di come l’attività fisica (es. running) svolta regolarmente abbia un legame con il raggiungimento e mantenimento del benessere fisico e mentale.
In questa breve trattazione l’obiettivo è la presentazione di alcuni aspetti che coinvolgono la corsa e la psicologia. I fondamenti del discorso nascono sia dal piacere vissuto e condiviso con altre persone nella pratica dello sport sia dall’esame di parte della ricerca presente nella letteratura internazionale.
Video su YouTube https://youtu.be/RklgYytcVl4
Vorrei soffermarmi inizialmente su un concetto ormai banale nella sua semplicità e conoscenza ampia: correre fa bene! Più interessante mi sembra cercare di indagarne i motivi. Lo scopo non è quello di presentare un trattato tecnico, ma attivare la curiosità, pertanto l’obiettivo è portare alla riflessione. Ritornando al concetto che correre fa bene, in letteratura è dimostrano che l’esercizio fisico risulta essere l’artefice di enormi benefici sia sul funzionamento cognitivo sia sul benessere. Soprattutto le attività fisiche aerobiche, come il jogging e il running. In un’ottica neuroanatomica, tale attività si esprime attraverso cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello (neuroplasticità) grazie a fenomeni di modulazione genica.
Ecco allora che diventa reale l’effetto di un comportamento scelto in autonomia e adeguato alle proprie capacità: correre.
Una interessante ricerca (Nezlek, 2018) ha evidenziato che il benessere, misurato in termini di autostima, soddisfazione della vita, auto-efficacia, significato nella vita e affetto è correlato con due elementi: il numero dei giorni di corsa all’interno della settimana e la distanza corsa settimanalmente. Lo studio ha coinvolto per tre mesi 244 individui che praticavano la corsa a livello ricreativo; i partecipanti compilavano un diario settimanale dove riportavano quanto hanno corso ogni giorno oltre alla autovalutazione del proprio benessere nel fine settimana.
Le motivazioni del running.
Si pratica la corsa per vari motivi; ogni individuo ha i propri.
Dal mio punto di vista attuale, per facilitare la presa di consapevolezza degli obiettivi e aspettative, propongo di classificare la motivazione in tre categorie:
1 – corsa fitness: migliora il benessere nel complesso
2 – corsa psicoterapeutica: come attività sportiva all’interno del percorso psicoterapeutico può aiutare un certo numero di persone a ridurre gli effetti di alcune sintomatologie
3 – corsa amatoriale/agonistica: praticare gare di varie tipologie
Esse non presentano necessariamente un confine ben determinato, ci si può spostare tra esse nel tempo o contemplarle in un unico insieme.
Dall’elenco ho deciso di non inserire chi pratica sport a livello agonistico professionale, quando lo sport assume anche la veste di occupazione lavorativa.
Sensazioni e obiettivi.
Quali elementi possono caratterizzare ciascuna delle tre categorie?
1 – corsa fitness: dimagrire/perdere peso, osservare il panorama, godere della buona compagnia, essere immersi nella natura, mantenersi in forma, riprendere attività dopo un periodo di sedentarietà
2 – corsa psicoterapeutica: scoprire nuovi interessi, imparare a gestire il controllo, lasciarsi andare, non avere fretta, avere nuovi obiettivi, migliorare l’autostima, scoprire il mondo, aumentare la consapevolezza del proprio corpo, raggiungere gradualmente gli obiettivi prefissati, abbandonare comportamenti tossici e di dipendenza
3 – corsa amatoriale/agonistica: competere con se stessi e con gli altri atleti, aumentare la propria determinazione con gli allenamenti, incontrare nuove persone, visitare nuovi luoghi, essere immersi nella natura, viaggiare, conoscere meglio il proprio corpo e i propri limiti. Ora forse è diventata una passione.
Come riportato sul sito di BaseRunning (www.baserunningteam.it/running-team), “[…] sulla pratica della corsa come occasione per allenare il corpo e la mente dell’individuo senza mai perdere di vista la necessità di condividere l’esperienza con altri appassionati.”
Mi sono avvicinato al mondo del running avendo in mente alcuni aspetti della prima categoria, successivamente mi sono orientato anche nel mondo delle competizioni scoprendo un affascinante quadro di opportunità, difficili da raggiungere tutte, ma non impossibili. Penso alla partecipazione alle maratone, gare complicate dal punto di vista sia fisico sia mentale, fino a orientarmi verso il mondo del running e trail running con le innumerevoli gare aventi molteplicità di lunghezza (fino oltre i 150 km).
Nella psicoterapia.
Come professionista, nella psicoterapia sovente si parla dei benefici dell’attività fisica.
All’interno di un percorso di psicoterapia spesso si sottolinea l’importanza di svolgere attività fisica come la corsa. Lo scopo è di indurre il processo che porta ad aumentare l’autostima e ridurre gli effetti della depressione e dell’ansia. Inoltre, la corsa e l’esercizio fisico portano a miglioramenti della fiducia in se stessi, dei sentimenti di controllo, dell’immaginazione e dell’autosufficienza.
Nello specifico, in letteratura emerge che la corsa aerobica è un comportamento con maggior impatto psicoterapeutico in senso positivo verso l’umore depresso e l’ansia, oltre a migliorare l’autostima in qualsiasi età.
La fatica.
Ma ahimè, la corsa è una pratica sportiva che richiede costanza, determinazione e fatica; soprattutto se l’intenzione va al di là di ottenere benefici fisici e psichici ma si protrae orientandosi verso la competizione.
Non serve avere fretta! I risultati arrivano con il tempo soggettivo di ogni individuo; dipende dallo stato fisico, dall’età e altre variabili che caratterizzano la persona. Anticipare i tempi necessari per intraprendere una prestazione specifica può essere causa di infortuni e/o abbandoni.
La corsa è una attività faticosa. È stancante. La fatica è un aspetto che si deve prendere in considerazione quando l’obiettivo prevede molti chilometri da percorrere. Così è necessario mantenere la concentrazione senza lasciarsi demotivare.
Come mi ha detto un amico runner con più di trenta anni di esperienza, “il dolore e la fatica ci danno la misura dei nostri limiti, sopportare i piccoli dolori può in un certo senso aiutarci a riflettere. Credo che in una certa misura sia salutare. (F.R.)”
La musica nel running.
Ascoltare la musica mentre si svolge una attività fisica in generale, la corsa in particolare, permette all’atleta di percepire minor stanchezza.
Nello specifico è stato dimostrato che l’ascolto di musica con un ritmo sincrono alla corsa fornisce benefici psicofisiologici; si è visto che tali benefici emergono anche quando gli atleti corrono in condizioni di clima di tipo tropicale, ossia con caldo e alto grado di umidità. Tra tali effetti è possibile avere risposte emotive favorevoli, come sentirsi energici, percepire una riduzione dello sforzo percepito e un miglioramento delle prestazioni.
Ma ahimè, ascoltare musica mentre si corre presenta anche degli aspetti negativi, come ad esempio non avere la sensazione di essere immersi nella natura con i rumori e suoni che la caratterizzano e non avvertire alcuni pericoli (esempio sopraggiungere di veicoli). Come aspetto normativo durante le gare competitive, l’ascolto di musica è considerato doping e quindi non permesso.
Ritornando al clima caldo e umido, i risultati delle ricerche hanno mostrato che correre in queste condizioni ascoltando musica sincrona ha migliorato significativamente il tempo di esecuzione, abbassato lo sforzo percepito e, in misura minore, ridotto l’utilizzo di risorse.
L’attenzione.
Lo studio di Aghdaei del 2021 fornisce alcuni elementi interessanti sull’affaticamento e sull’economia della corsa; entrambi i parametri migliorano quando l’atleta utilizza una combinazione del focus dell’attenzione di tipo dissociativo-esterno (nello studio i partecipanti all’esperimento correvano sul tapis roulant mentre guardavano un video). Quando invece si corre all’aperto, per ottenere i benefici tale tipologia di attenzione dovrebbe dirigersi verso gli effetti di un movimento (come ad esempio prestare attenzione al terreno quando si avanza). Sembra che gli atleti con elevata esperienza che gareggiano nelle lunghe distanze utilizzino un mix di focus dell’attenzione sia interna sia esterna.
Senza avere la pretesa di diventare professionisti della corsa, se essa si trasforma da attività di fitness e svago ad attività con maggior impegno e aspettative ritengo sia opportuno affidarsi a un professionista che sappia trasmettere i concetti principali di questo sport antico e ricco di cultura e fascino.
La pandemia e il running.
Per concludere, riporto alcuni aspetti che hanno ci hanno interessato a causa del SARS-COV2
L’aspettò più interessante, nello stesso contesto anche curioso, è stato l’aumento del numero di individui che hanno iniziato a correre durante i periodi in cui vigevano le misure di confinamento (lockdown). Tale incremento del numero di persone che correvano ha generato anche sentimenti di avversione in parte della popolazione, causati essi dalla rappresentazione del runner come untore, colpevole di essere la causa del male. Questo almeno all’inizio della pandemia, successivamente l’interesse colpevolizzante si è spostato verso altre figure.
Si è verificato però un paradosso nel mondo dei runner non professionisti.
Come molte persone hanno potuto osservare, la pandemia di SARS-COV 2 che ha colpito le nostre vite dall’inizio del 2020, ha portato ad un aumento dell’ansia e un generalizzato incremento delle abitudini alimentari disordinate con carattere trasversale tra le popolazioni eterogenee.
Nonostante l’imputazione popolare di essere untori, a causa della ridotta attività fisica durante il periodo preso in esame, i runners non professionisti sono stati inaspettatamente e maggiormente esposti ad una serie di effetti negativi rispetto un gruppo di controllo (volontari sani non runners); in particolare si è evidenziato il peggioramento del quadro alimentare e del comportamento mentale. Per spiegare il fenomeno è utile evidenziare che gli atleti professionisti e non professionisti sono individui che di solito osservano un regime alimentare sano.
Bibliografia.
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Nezlek, J. B., Cypryańska, M., Cypryański, P., Chlebosz, K., Jenczylik, K., Sztachańska, J., & Zalewska, A. M. (2018). Within-person relationships between recreational running and psychological well-being. Journal of Sport and Exercise Psychology, 40(3), 146-152.
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