Come si evince dal testo dell’art. 612-bis, lo stalking o sindrome del molestatore assillante è la messa in atto una serie di comportamenti ripetuti e intrusivi con l’obiettivo di ottenere un contatto e di comunicare con una vittima o di generare ansie o disagio psichico.
Affinché si possa definire il fenomeno devono essere presenti tre elementi: un molestatore (stalker), una vittima (stalking victim) e devono essere messi in atto una serie di comportamenti ripetuti nel tempo esperiti da questa come intrusivi e sgraditi.
La vittima risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni o comportamenti che percepisce come intrusivi e sgraditi (a differenza del sano corteggiamento dove le attenzioni sono gradite ed accettate). Gli atti ripetuti ed intrusivi in genere sono telefonate, invio di regali indesiderati, sms, e-mail, lettere, appostamenti sul luogo di residenza o di lavoro, minacce, aggressioni verbali e fisiche, fino alla predazione sessuale.
Le conseguenze psicologiche per le vittime possono essere importanti e debilitanti ed interessano sia il quadro emotivo sia quello relazionale. I sintomi fisici maggiormente presenti sono i disturbi del sonno, la variazione di peso, la stanchezza ed attacchi d’ansia o di panico, mentre tra i sintomi psichici le vittime riportano maggiormente un aumento dei livelli di ansia, rabbia, paura ed irritazione.
Tutto questo incide nella sfera sociale, relazionale e professionale con compromissione della salute, del lavoro e genera cambiamenti nell’organizzazione della vita quotidiana (sostituzione del numero di telefono, variazione del tragitto casa-lavoro, ricerca nuovo posto di lavoro fino al cambiamento dell’abitazione).
Risulta evidente come il fenomeno dello stalking sia invasivo e va tempestivamente ed opportunamente affrontato al fine di ridurre il più possibile i danni alla vittima.
Punti di riflessione:
- Il fenomeno stalking non colpisce solo le star ma chiunque
- Non è un fenomeno solamente sensazionalistico, aggressivo e violento ma anche inconsapevole (senza obiettivi di violenza)
- Importante che la vittima condivida con altri l’esperienza
- La vittima non deve sentirsi in colpa per gli eventi
- È importante che la vittima non abbia paura
- Essenziale che la vittima ponga il caso alle forze dell’ordine
- Prevenzione alle categorie a rischio: giovani ed operatori socio-sanitari
- Informazione ai giovani studenti: sviluppare la capacità di accettare come risposta il “no”, inteso letteralmente.
Lo stalking: la formazione come proposta di prevenzione primaria. (giugno-2011)
Nel codice penale il testo dell’art. 612-bis, dopo le modifiche apportate con il Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93 convertito in Legge 15 ottobre 2013, n. 119, così recita e definisce lo stalking:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.